Nell’immagine sopra: Nuoro – Funerale del carabiniere, 1962. Stampa ai sali d’argento. @Lisetta Carmi – Martini & Ronchetti.
Al MAN di Nuoro la mostra sulle immagini scattate dalla fotografa genovese Lisetta Carmi nei tanti viaggi in Sardegna.
C’ è un rimpianto arcano dietro i sorrisi ritratti da Lisetta Carmi. Accenni di una vita ai margini, ma ugualmente nutrita di dignità e calore umano.
Ci sono, più esattamente, le tracce di un infinito rincorrere senza mai indietreggiare di un passo. L’opera della fotografa genovese, classe 1924, risponde ad una personale esigenza di ricerca interiore, unita ad un abituale, preciso, impegno politico-sociale.
Nata da famiglia ebrea e per questo costretta in tenera età ad un esilio in Svizzera, si dedica alla fotografia da autodidatta, compiendo in carriera numerosi viaggi in Israele, America Latina, ma anche Afghanistan, Pakistan, India e Nepal.
Ma nel suo “peregrinare”, fra gli anni Sessanta e i Settanta, la Sardegna diventa una meta frequente, usuale, un territorio che le entra nelle vene e nell’anima.
Da qui la mostra visitabile al MAN di Nuoro fino al 13 giugno dal tema appunto “Lisetta Carmi. Voci allegre nel buio. Fotografie in Sardegna 1962-1976” curata da Luigi Fassi e Giovanni Battista Martini.
Accanto ad un centinaio di scatti realizzati durante i vari soggiorni sull’isola, la rassegna include una serie inedita di diapositive a colori che ritraggono i paesaggi dell’entroterra sardo. In aggiunta anche due sezioni svicolate dal focus della mostra, quella de I Travestiti (frutto della frequentazione di una comunità di Genova) e quella dedicata al durissimo lavoro degli operai al porto, sempre nel capoluogo ligure.
Più che un reportage, l’esposizione appare un vero e proprio omaggio ad un popolo, al suo credo e alla sua inscalfibile voglia di affermare a pieno la propria dimensione. Volti anonimi e spesso riservati, che malcelano riguardo al cospetto della macchina fotografica, pronta a coglierne in un solo click le pieghe nascoste, così come la gioia e il tormento.
Gli scatti, raccolti per lo più in Barbagia, rivelano con la medesima intensità le cicatrici del cuore e quelle del corpo confluendo in un unico quadro visivo che “suona” come inno alla vita.
Proprio quella vita che, manifestandosi nelle multiformi realtà con le quali si è venuta a confrontare, Lisetta Carmi ha voluto più di ogni altra cosa capire, scandagliare e in qualche modo celebrare.
È così che le sue immagini ci giungono come un anelito di speranza in quel “buio”, citato non a caso nel tema della mostra, che finisce per cedere il passo a voci allegre al limite del disincanto. Come in occasione della festa della Candelaria, sulle vestigia di una tradizione animata dalla ritualità dei gesti, dalla musica e dai canti d’augurio per i giovani sposi… La fotografia diviene l’arma che ridà valore a tante donne e tanti uomini affondati nella povertà e nello sfruttamento.
Storie di identità fragili, drammaticamente annegate nell’ignoto, e poi meravigliosamente rivendicate proprio grazie ad uno scatto fugace in bianco e nero con cui l’attimo diviene l’episodio di un nuovo suggestivo flusso narrativo.
Il racconto svelato dall’archivio di Lisetta Carmi segue l’incedere dei giorni, dall’uggiosa routine del quotidiano nei piccoli centri abitati, passando per i pascoli, i murales e i laboratori di tessitura, fino all’esplosione di meraviglia sprigionata nelle varie ricorrenze.
Messaggi che si dispiegano nella bellezza di immagini immortali ancorate e fedeli ad una realtà mai dissimulata. In questo modo Lisetta Carmi trasforma empaticamente i suoi soggetti in presenze discrete e a tratti festanti, piccole schegge di un universo mai sopito che trova improvvisamente voce e anima.
fino al 13 giugno 2021*
*Giorni di apertura e modalità di visita della mostra seguono le disposizioni governative in tema di contenimento del COVID-19.
Stefania Vitale
Caporedattrice
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