Maggis, tra desiderio e conflitto, la fisicità si tramuta in espressioni dell’anima.
Paolo Maggis è un artista originario di Milano, classe 1978. Attualmente lavora tra lo stesso capoluogo lombardo e Barcellona. Attraverso questa intervista, andiamo a scoprire i “segreti” della sua arte.
• Con la mostra Corpi, hai portato in Italia un gruppo di opere dipinte nei primi mesi del 2021. Ce ne vuoi parlare?
“Si tratta di corpi che si muovono all’interno del recinto fisico dell’opera che li imprigiona. Sono tutte opere di grandi dimensioni, dipinte attraverso pennellate sintetiche, gesti forti e carichi di materia solida. I corpi entrano in contatto tra di loro scontrandosi, lottando o amandosi, in una visione vitalistica ed al contempo drammatica del desiderio o del conflitto che li anima.
In tal senso sembrano cercare di evadere il limite della superficie per cascare addosso allo spettatore e renderlo parte di quell’atto che accade. I corpi diventano così intenzione ed espressione dell’anima che li rende parte fondamentale ed inderogabile”.
• Prendendo spunto dai lottatori, tradizione che parte dal mondo ellenico ed attraversa tutta la storia dell’arte passando da Michelangelo per arrivare sino a Bacon, costruisci immagini nelle quali scompare il confine tra piacere e dolore, amore ed odio, gioco e lotta.
Come se d’un tratto questi elementi formassero parte di un “unico” sistema dove tutto comunica ed interagisce, in una sorta di comunione tra gli opposti…
“I miei corpi creano forme e volumi che opponendosi o sovrapponendosi sfiorando il limite della leggibilità, si muovono nello spazio sezionandolo e costruendo un’immagine astratta dove la materia pittorica diventa coprotagonista del soggetto rappresentato. Sembra quasi che io voglia farvi confondere, o forse riflettere sulla verità della rappresentazione. Vi chiedo.
È il soggetto ad essere fondamentale o la maniera in cui viene dipinto? È il corpo ad essere verità o quella forza che come un vento lo anima? O forse vi suggerisco che soggetto e maniera, così come corpo e anima, sono un solo uno e che, per quanto ci impegniamo a distinguerli, non potranno mai essere separati”.
• Nell’esposizione alla galleria Gare 82 di Brescia sembra di assistere a un film. La sequenza di immagini dello stesso formato sembra che racconti una storia.
“In queste mie opere si intravede una necessità espressiva che trascende la correttezza formale, a favore di incursioni in ambito astratto-gestuale. Da sempre nella mia ricerca ogni pennellata, ogni colore steso sulla tela gioca un ruolo determinante per la costruzione dell’opera. La comunicazione avviene a livello epidermico prima ancora che concettuale.
Nelle mie tele quindi si legge chiaramente la necessità che ogni gesto compiuto sia definitivo, per intenzione e qualità pittorica. Non racconto storie precise: il mio racconto è universale. Questa è la mia calligrafia pittorica”.
Seguici su