Tante luci e qualche ombra per una metropoli alla ricerca di una identità più stabile e inclusiva
Positiva, ottimista, efficiente: la Milano del boom economico anni ‘80, definita “Milano da bere”, si identifica da allora come la metropoli italiana, la città della moda, del capitalismo rampante, del benessere diffuso, dell’alta società, dell’élite intellettuale ed economica del Paese.
Antitetica alla Dolce Vita romana, che rappresentava l’opulenza della vecchia aristocrazia, i blandi ritmi della politica, lo sfavillio del cinema, l’ammirazione da parte del turismo straniero, ecco dunque la frenesia milanese, simbolo di crescita, innovazione, opportunità.
Vi è tuttavia un’altra faccia della medaglia che ci parla di “esclusione sociale”, di divario fra chi può permettersi di cogliere tali e tante opportunità e chi ne viene escluso.
Quale è dunque il futuro per la nostra città più europea?
Sicuramente attrarre capitali stranieri, nei diversi business e nell’immobiliare di lusso, è un trend positivo e in ascesa, che consentirà di attutire eventuali crisi da parte degli azionisti e capitalisti italiani.
Una città che esprime un potenziale altissimo non può viaggiare a due velocità ed è dunque indispensabile attivare politiche sociali, economiche, abitative adeguate a tutte le esigenze e a tutti i portafogli, per non perdere il possibile apporto di alti potenziali, scoraggiati da costi e dinamiche difficili da affrontare.
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ing. Lisa Zanardo
Top Performance Consulting Consulenza d’Impresa
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