La poesia dell’infanzia e le sue potenzialità espressive
Claudia Giraudo nasce nel 1974 a Torino e nel 2001 si laurea con il massimo dei voti all’Accademia Albertina di Belle Arti sempre di Torino. L’artista si racconta così ai lettori di DENTROCASA…
“Potrebbe bastare la prima quartina di uno dei Sonetti a Orfeo di Rainer Maria Rilke per spiegare il titolo L’età dell’innocenza, più in generale il tema dell’infanzia sapientemente centrato.
L’età dell’innocenza è quella quando l’esistenza “non nuoce”, quando i bambini sono puri e senza peccato, quando essi, assaporando la mela, la banana, la pera, l’uva spina, percepiscono senza paura la compresenza di vita e morte, cioè la naturalità di questi due poli, e questo accade perché il bambino nella sua innocenza non è ancora estraneo dal reale, ma vi è calato dentro, come un angelo sulla terra.
I miei dipinti sono lenti e pensati, figli di una pittura antica, che io con amore e dedizione rielaboro con la mia contemporaneità. Quello che lega tutta la mia produzione è la volontà di potenziare la vita come forma di coincidenza tra l’immaginario e l’esistenziale, tra il desiderio e l’oggetto, seguendo ogni suo aspetto visionario.
Coinvolgo in parte il vissuto personale caricandolo di un messaggio da decriptare, come se io parlassi una lingua sconosciuta e lo spettatore dovesse tradurre alla luce delle proprie personali esperienze e conoscenze”.
•Sembra quasi che il tuo lavoro sia fatto di una lenta meditazione, quasi una “preghiera” che fai per te stessa verso l’immagine che stai creando, una sorta di complicità tra te e il soggetto che va oltre la realtà soggettiva…
“Il mio lavoro non è mai veloce, segue il flusso del tempo, l’avvicendarsi degli eventi, degli umori delle stagioni, io godo la pace che è data dalla lenta accettazione del tempo come di un dono prezioso che mi è stato dato, da non sprecare ma da godere proprio nel suo lento divenire. Voglio che ogni singolo oggetto che introduco nell’opera abbia un senso compiuto o che possa paradossalmente far pensare al miracolo”.
• C’è però un istante, prima che il bambino si faccia del tutto adolescente che spiega perché tutti i giovani sono potenzialmente poeti: è perché in loro resiste l’innocenza, lo stupore e allo stesso tempo la gioia dell’esistere e l’angoscia dell’ignoto, una facoltà che poi si perde diventando adulti…
“Nelle mie opere il bambino e la bambina non diventano mai adulto, ma assumono i connotati di arlecchini o marionette, di girovaghi: bambini agghindati da circensi, quasi fossero usciti da una fiaba, che non ci guardano neppure quando sembra che lo facciano, neppure quando sono ammiccanti. Restano distanti nella loro imperturbabile finzione scenica, senza però arrivare al limite di appartenere al surrealismo pop, perché tutti noi abbiamo vissuto la condizione infantile, tutti noi ricordiamo l’età dell’innocenza. Dentro di noi siamo rimasti i bambini che eravamo e che la vita vissuta non ha intaccato nonostante le tante peripezie provate”.
Tel. 366 2640256
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