Il prestigioso studio milanese propone un approccio critico al progetto coinvolgendo numerose discipline in una prospettiva di sostenibilità
Formafantasma, la formula non si vede ma trapela chiaramente. È un concept che ribalta il comune orientamento dando priorità alla materia più che alla forma. È un approccio che valorizza e al contempo responsabilizza la figura del designer, facendo leva sul necessario coinvolgimento di campi d’indagine paralleli per un contributo concreto in tema di sostenibilità.
Per farsi un’idea più approfondita non si può che partire proprio dal nome: Formafantasma. Come nasce l’idea? “Il nome è stato deciso quando eravamo ancora studenti, in Olanda, ed ha chiaramente una forte valenza programmatica – spiega Simone Farresin -. Noi abbiamo sempre considerato la forma come conseguenza di un processo, andando a sottolineare che il design non ha a che fare solo con l’estetica o gli elementi formali del prodotto, ma si relaziona con aspetti anche molto impattanti, vedi la salute delle persone e del pianeta, ma pure i cambiamenti sociali, culturali e economici. In tal senso la forma assume una dimensione più flessibile, adattabile cioè ai singoli contesti progettuali.
C’è una marcata prospettiva di sostenibilità nel vostro modo di operare. Fa parte anche del vostro modo di essere? “Il nostro interesse verso l’ecologia esiste da sempre. Il design si situa nel punto specifico che va ad intersecare sì interessi economici e questioni legate all’estetica, ma anche aspetti inerenti la cultura, le politiche del lavoro, l’ecologia. Al di là degli studi compiuti è un modo di pensare che ci appartiene: se ti chiedi il perché del design, ti chiedi inevitabilmente anche il perché delle cose” continua Simone Farresin.
Come si sviluppa il vostro rapporto con la materia? “La materia è sempre stata al centro della nostra ricerca, in un primo tempo in modo più intuitivo, oggi con una componente riflessiva ben più profonda. Noi vogliamo pensare alla relazione complessa fra design, produzione ed estrazione dei materiali. Siamo convinti che sia il modo migliore per un approccio alla sostenibilità da attuare anche con il singolo cliente, laddove si riesca naturalmente. La sostenibilità è infatti oggi un problema di infrastrutture e non di progetto di un prodotto: bisogna cioè guardare anche alla filiera o ai sistemi distributivi ad esempio”.
È un leitmotiv che vi accompagna in ogni progetto? “Nel tempo l’interesse generale sta crescendo, poi ci sono naturalmente clienti più ricettivi e altri meno. Per Artek, ad esempio, non abbiamo creato nulla di nuovo, ma guardando proprio ai loro classici ne abbiamo offerto una rilettura proponendo un modo più ecologico per l’azienda nella selezione del legno. Per Tacchini, invece, abbiamo rivisitato alcuni loro pezzi inserendo imbottiti contenenti lane prodotte da pecore del territorio italiano. Infine, con Flos, abbiamo lavorato ad un progetto in cui la fonte luminosa a led è sostituibile comodamente dall’utente finale”.
Si punta in questo senso anche ad una maggiore accessibilità del prodotto finale? “Sicuramente, fa parte della nostra ricerca”.
La ricerca continua…
L’intervista continua su DENTROCASA in edicola e online.
Ig: formafantasma
formafantasma.com
Project Director Rita Baiguera
Graphic Designer Cristina Zanacchi
Stefania Vitale
Caporedattrice
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