L’evoluzione della tecnica e il costante sdoppiamento fra pittura e scultura
nell’immagine: Trittico 2019 legno, sughero, acrilico • Le due lune 2019 legno, ottone.
Giuseppe Bravi nasce a Milano nel 1940 e vi rimane fino al 1949, anno in cui si trasferisce a Salò, sul Lago di Garda. Attualmente risiede a Gavardo (Bs).
Attraverso questa breve intervista, cerchiamo di approfondire il senso della sua arte. Non te l’ho mai detto esplicitamente, ma sono sempre stato affascinato dai tuoi lavori.
• Ci puoi parlare dell’evoluzione delle tue tecniche?
“Dal 1966, anno della mia prima personale alla Galleria Abba, a Brescia, la grafica e la pittura sono state il mio mondo, con carte e tele a fare da base per i miei lavori. C’è però sempre stata una costante ricerca di supporti da sperimentare: carta a mano, carta “Nepal”, carta color senape usata in macelleria, quella color grigio-blu, la cosiddetta “carta da zucchero” e poi cartoncini vari molto grezzi o addirittura compensati di legno. Anche le tele variano, da quelle molto fini da inchiostri di china, a quelle tipo sacco per colori acrilici o ad olio. Attorno agli anni Duemila, ho iniziato ad usare come basi fondi rigidi, più o meno spessi, ricoperti da uno stucco particolare, sostituendo il segno piatto con un segno graffito e colorando il tutto con velature o campiture ad olio. In sostanza, una tecnica simile alla puntasecca”.
• So che ora è il momento della scultura. Quando e perché è entrata a far parte del tuo mondo?
“La ricerca di una certa tridimensionalità, che è passata di fatto anche attraverso il segno inciso, è stata sempre presente in me. Intorno alla metà degli anni Ottanta, ho scoperto la ceramica “Raku”, a Londra, dove da tempo era studiata e largamente rivisitata in chiave moderna. Il mio pensiero ha subìto una sorta di sdoppiamento. Completamente autodidatta, mi sono costruito due piccoli forni ad hoc, ricercando la necessaria tipologia di argilla e imparando la cottura alla maniera “Raku”. Il tutto dopo essermi procurato, non senza difficoltà, i diversi materiali per creare vari smalti e vetrine. In quei circa tre anni sono stato completamente assorbito al punto da far passare in secondo piano la pittura. Dal 1993 al 1995, come anche in questo periodo, ci sono state altre incursioni nel tridimensionale utilizzando legni, martello, scalpello e altri materiali”.
• Nelle tue opere l’astratto scultoreo e quello pittorico sembrano divergere…
“In effetti nelle sculture, l’astratto, anche solo per la diversa natura degli strumenti o dei materiali usati, difficilmente riesce a trovare un parallelo con la pittura. In comune con essa c’è però l’uso dell’immaginario, cioè di quella parte che vede le cose da dentro, superando il mero uso dei sensi. Questo immaginario, come quello del fruitore dell’opera stessa, è parte fondante del segno astratto, che è viaggio interiore accompagnato da un atteggiamento mentale scevro da preconcetti storico-culturali”.
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di Gianbattista Bonazzoli
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