GIORGIO TENTOLINI, STRATIFICAZIONI

Lo stupore e l’indefinito nell’opera dell’artista cremonese

nell’immagine: Dall’alto in senso orario: Elena (dalla serie Elementi per una teoria della Jeune-fille) 2019, 100×100 cm. Artemis (dalla serie Pagan Poetry) 2019, 100×100 cm.

Giorgio Tentolini è nato a Casalmaggiore (Cr) il 3 luglio 1978. Dopo varie esperienze nel mondo dell’arte, nel 2013 ha avuto la fortuna di esporre alla galleria Colossi Arte di Brescia che l’ha lanciato sulle più importanti piazze nazionali e internazionali. Qui di seguito la nostra intervista.

• La fotografia rappresenta per te l’opportunità di analizzare lo stato reale delle cose: vi troviamo infatti spesso istanti rubati, dettagli che catturano l’attenzione e lo sguardo…

“Le prime opere erano quasi sempre stampate su supporti che successivamente andavo ad elaborare. Nel corso degli anni ho gradualmente abbandonato il pigmento per lasciare spazio al materiale stesso, unico e vero protagonista del mio operare. Per me la fotografia è soprattutto, in riferimento alla sua stessa etimologia, “scrittura di luce”, ed è proprio seguendo questo significato che ho costruito il mio percorso, andando a stratificare materiali in base alla quantità di luce e alle aree in cui si imprime il sensore digitale. Le mie opere nascono quindi dalla sovrapposizione di materiali, come reti, tulle, plastiche, nastri adesivi, plexiglass, carte semitrasparenti: materiali che stratificandosi possono quindi ricreare l’immagine di partenza caricata di un nuovo significato. Il soggetto, essendosi appropriato di una nuova matericità, diventa immagine altra”.

Opera dalla serie Presenze, 2019, 100×100 cm.

• I soggetti che scegli sono per lo più legati ad un contesto ben preciso e spesso presentano interni pieni di luce affiancati a visi ripresi dalla statuaria classica, ma anche dettagli di manichini e modelle fissate nei backstage delle sfilate…

“Dei manichini, mi interessa moltissimo l’assenza di identità. Sono “sculture urbane” studiate per non essere viste, talmente neutre da passare inosservate, per non distogliere o rubare l’attenzione alla loro funzione di appendiabiti. Osservando i visi delle modelle, invece crediamo a volte di riconoscervi qualcuno di noto in un dettaglio o in un’attitudine”.

• La sensazione che comunichi al fruitore è di spaesamento. Sono immagini dai contorni sfumati, monocromi.

“Sì. Sono ambienti, persone, statue e soggetti definiti che diventano “non luoghi”. Come le case da me scelte che nemmeno nella realtà immagino come ambienti intimi e personali. Lo stesso vale per le modelle: ciò che mi interessa non è la bellezza ma gli aspetti di standardizzazione legati a quei visi perfetti. Questo tipo di materiale inoltre ti invita ad allontanarti per riconoscere il soggetto ed avere una visione globale, mentre di contro ti costringe ad avvicinarti per individuarne la tecnica. Ed è proprio quello che accade nella quotidianità quando ci si trova nella condizione di dover decidere qualcosa…”.

 

giorgiotentolini@yahoo.it

 

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di Gianbattista Bonazzoli
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