In conversazione con l’artista tedesca amante della cultura e della storia dell’arte italiane
Sophie Reinhold vive e lavora Berlino, città che le ha dato anche i natali. La sua pratica artistica investiga lo stato dell’individuo nell’età contemporanea, suscitando nel pubblico emozioni ed incertezze.
Ha guadagnato riconoscibilità attraverso mostre di respiro internazionale in Germania, ma anche Austria, Francia e Italia. La galleria The Address, aperta recentemente nel cuore di Brescia, ha ospitato opere di Sophie Reinhold in una mostra collettiva.
Qui l’artista ha messo in mostra le sue più grandi qualità pittoriche, oltre ad un interesse rilevante verso la cultura e la storia dell’arte italiane cha la affascinano fin dalla prima residenza artistica a Firenze e il viaggio tra le cave di marmo di Carrara. I lavori di Sophie Reinhold sono immediatamente riconoscibili con soggetti geometrici, linee minimaliste e stratificazioni di colori e di materiali, come l’acrilico, l’olio, la polvere di marmo.
I suoi dipinti, come l’opera di grandi dimensioni esposta alla galleria The Address, “Untitled” 2016, riflettono una pittura espressiva e gestuale, manifestazione diretta di un impulso creatore. Veli di colore si materializzano in nebbie sottili, griglie geometriche che si inscrivono delicatamente nell’immagine alternati ad elementi figurativi.
• A che cosa ti ispiri maggiormente come artista?
“Per me l’ispirazione è un processo intimo e in costante divenire. Per il momento potrei dire che trovo gli scritti della filosofa Hannah Arendt davvero toccanti, non solo per la loro valenza politica, ma anche per il modo di essere così chiari e trasparenti. Lei non scrive per altri ma esclusivamente per se stessa. Per me il processo pittorico è molto simile.
Non mi importa dell’effetto che il lavoro ha nello spettatore e mi focalizzo invece sul tentativo di “afferrare” il vero momento dell’atto pittorico”.
• È come se molti dei tuoi lavori trasmettessero una sensazione di inquietudine, da cui riaffiora un superamento di certe paure… Sei d’accordo?
“Credo che tu abbia identificato qualcosa di profondo che si nasconde nei miei lavori. Diciamo che non ho paura quasi di nulla, ma ho un gran rispetto verso la morte”.
• Che tipi di sentimenti cerchi di risvegliare coi tuoi dipinti?
“Non cerco di influenzare nessuno, se non me stessa. È solo nel momento conclusivo del processo pittorico che sento emotivamente qualcosa. È in quell’istante che emerge il brivido.
Tuttavia, quando lavoro per una mostra, sono consapevole di dare all’osservatore l’opportunità di vivere un momento particolare, intimo e privato, oppure di condivisione con il lavoro che si trova di fronte. Spesso molte persone vogliono toccare il mio lavoro e questo mi piace… come se il dipinto fosse un motore immobile”.
• Quale credi sia la paura più grande della società di oggi?
“Non essere felici”.
• In alcuni dei tuoi ultimi lavori ricorre la figura di un coniglio. Che cosa simboleggia per te?
“Nelle arti visive il coniglio è stato utilizzato spesso come simbolo di vitalità, desiderio sessuale e fertilità. In certi miei dipinti ha il ruolo di osservare colui che guarda ma, allo stesso tempo, è anche impaurito da chi lo osserva. L’atmosfera assume un carattere davvero sensuale”.
• Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Sto lavorando per due mostre, una a Parigi e una a Vienna. Mi piacerebbe però ritornare a Carrara…”.
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di Gianbattista Bonazzoli
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