I colori del paesaggio e i profumi del territorio nelle opere dell’artista originario di Modica.
nell’immagine: Untitled, pastello su carta applicata su tavola, cm 136×102, 2013 • Nella valle dell’Anapo, pastello su carta abrasiva, cm 22×18, 2017 • Nella valle dell’Anapo, pastello su carta abrasiva, cm 22×18, 2017;
Luca Macauda nasce a Modica nel 1979 e si è formato all’Accademia di Belle Arti di Roma. Vive e lavora a Brescia. Gli rivolgiamo qualche domanda per conoscerlo meglio.
• Come si trasformano nelle tue opere gli elementi paesaggistici e storici?
“Nel mio lavoro entrano in gioco diversi elementi, legati sia alla memoria della mia terra d’origine, sia al paesaggio in cui vivo ora. Tali elementi vengono continuamente elaborati e tradotti sono semplicemente la luce del luogo, i colori del paesaggio, i profumi, la pietra di cui è costituito ogni territorio. Il mio percorso artistico ha tratto fondamento da una motivazione profonda che ha radici nel territorio al quale sono emotivamente legato: la Sicilia sud-orientale.
Negli ultimi anni la mia ricerca si è accostata a dei luoghi in particolare: la “Valle dell’Anapo” e il fiume “Ciane”, da cui prendono il nome una serie di opere. In entrambi i casi mi sono avvicinato a questi posti in chiave puramente suggestiva, indagandone l’aspetto archeologico, dalla pietra in cui sono state scavate le “tombe a grotticella” che riempiono i costoni rocciosi della valle, ai segni dipinti e incisi sui manufatti in terracotta”.
• Quindi la memoria che riaffiora nell’utilizzo di uno strumento polveroso come il pastello morbido è solo una premessa tecnica della tua pittura?
“Il fascino che il pastello ha esercitato su di me ad un’età ancora adolescenziale si è impresso fortemente nella mia memoria. La porosità di questo strumento, la cui caratteristica compositiva è data da pigmento puro e gomma arabica per tenerlo compatto, mi ha sempre rimandato alla piacevolezza tattile che provavo nel toccare la pietra con cui sono state costruite le più belle architetture del luogo. Utilizzo il pastello morbido perché mi permette di agire secondo una propria necessità: quella di avvicinarmi sempre di più al quadro fino ad entrarci dentro.
Questa esigenza mi ha portato ad avere un contatto fisi co e un rapporto più intimo e organico con il quadro e la sua superficie. La tattilità mi ha ricondotto al segno arcaico e ad una impronta più primitiva che ritrovo nel mio lavoro. Nella mostra “Ciane”, al Museo Archeologico della Rocca di Bazzano, a Bologna, ti sei relazionato con alcuni manufatti.
Quali sono gli elementi che ti hanno condizionato nella scelta stilistica delle tue opere? Nella mostra allestita al Museo “Crespellani”, il mio fare pittorico si confronta per la prima volta con il passato della Valsamoggia, da sempre ricca di riferimenti archeologici.
Il mio percorso pittorico, fatto di suggestioni naturalistiche e archeologiche, si accosta e si contrappone a manufatti archeologici di altre culture. Ho scelto di dialogare con due manufatti conservati nel museo, cioè il Vaso situliforme decorato a stampiglie, facente parte di un corredo funerario, e il Cesto in corteccia di salice, proveniente da un pozzo di Castello di Serravalle.
Questo perché ritrovo delle assonanze con il mio lavoro, dal riferimento al materiale fragile del pastello che è paragonabile alla fragilità intrinseca del cesto in corteccia di salice, al vaso situliforme scelto per le decorazioni a stampiglie. Tali decorazioni dialogano con la gestualità “ripetuta” che caratterizza parte del mio percorso pittorico”.
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di Gianbattista Bonazzoli
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