A confronto con Luigi Paracchini, un artista che ama svelare il proprio lato emotivo
immagini del servizio: opere di Luigi Paracchini dal ciclo “Andare per mare”
Luigi Paracchini è nato a Casalromano (Mn) nel 1945 e vive e lavora a Verolanuova (Bs). Attraverso questa intervista andiamo a conoscere la sua arte…
• Ti definisci con orgoglio un autodidatta, quando oggi nel mondo dell’arte il dilettantismo è considerato una forma di arte minore…
“Io dipingo da sempre ed apprezzo fortemente negli altri pittori quel metodo che io non ho acquisito attraverso una scuola. Tuttavia, ripensando alla fatica impiegata per rendere leggibile il mio linguaggio artistico, non rifarei la stessa strada.
La scuola è, e resta, un punto di partenza ineludibile. In pittura, ad esempio, una formazione di base che apra la mente resta fondamentale per non pasticciare e correre il rischio di farlo per tutta la vita.
Quando però il termine autodidatta entra in modo gratuito nella percezione comune come sinonimo di dilettantismo, è giusto ricordare che tanti artisti del secolo scorso camminavano da soli. Amo l’arte in tutte le sue forme espressive, anche se prediligo la pittura perché è legata alla manualità.
Io lavoro sulle mie superfici raccontando ciò che penso delle situazioni che mi trovo ad affrontare, senza la tentazione di legarmi a giudizi inutili, ma con la forza di un segno che lasci intendere il mio stato (sicuramente emotivo) davanti alle cose.
Parlo di emozione senza mezzi termini e non potrei fare altrimenti perché sarei smentito dall’evidenza: ogni opera dichiara il percorso della mano, la sua direzione e l’intensità del gesto, nonostante la sua scrittura escluda la volontà didascalica.
A questo proposito tengo a precisare che non amo giocare con inutili indovinelli, ma intendo portare l’osservatore in una dimensione altra e se possibile “magica” perché l’arte ha questo compito”.
• Quali sono stati i tuoi maestri di riferimento?
“Ricordo d’essere stato affascinato dal surrealismo ed a seguire dall’opera degli artisti dell’area espressionista. Poi negli anni Sessanta incontrai per la prima volta l’opera di Nicolas De Staël e ne subii un forte fascino.
Seguirono anche visite di mostre, dove l’opera di grandi autori espressionisti astratti, americani ed auropei confermarono la mia convinzione o forse la mia indole. L’arte in tutte le sue forme non parte dal niente, ma dal già fatto, quello di coloro che ci hanno preceduti forti della loro idea e del loro progetto”.
• In programma una mostra a Soncino…
“Il mio ultimo lavoro dal titolo “Andare per mare” si muove nella consapevolezza del “già fatto”: stesure di colore e segni su segni popolano le varie superfici di carte o tele e vogliono rafforzare l’idea che la vita è in continuo divenire.
Il mare, come la metafora di rinnovamento perenne, appare dipinto con insistenza quasi maniacale su tutte le superfici (opere) prodotte per questo ciclo proteso verso la meraviglia che ci può riservare il mattino del giorno a seguire…”.
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di Gianbattista Bonazzoli
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