Mauro Massari, artista di Castel Goffredo, si racconta dalle origini fino alle ultime esperienze
nell’immagine: Picnic con il mito, 100×100 cm • Tramonto con il mito, 100×100 cm
Con un lavoro eterogeneo, ricco di riferimenti alla storia dell’arte, Mauro Massari, nato a Castel Goffredo nel 1954, è riuscito a crearsi una propria linea pittorica ben definita che affonda le sue radici nel classico.
Un classico impregnato di simbolismo, a tratti surreale. “Ho cominciato a dipingere quando ero bambino e l’origine è sicuramente legata a mio padre Angelo, architetto e pittore – ci racconta l’artista –. Inizialmente, da osservatore, da studioso della sua arte, non potevo far altro che cercare di copiare, e perché no rubare, ciò che la sua arte veicolava, provando a replicarla a mia volta”.
Mi sembra di capire che lei sia stato un “bambino” cresciuto in fretta. Avere avuto un padre artista l’ha proiettata in questo mondo saltando diverse tappe… “Ho acquisito la tecnica ma anche la concezione del “bello”. I miei primi lavori giovanili hanno seguito comunque gli stili che all’epoca mi affascinavano maggiormente, su tutti il surrealismo. L’intuizione può scaturire da qualsiasi cosa: una fotografia, un avvenimento nel quotidiano, magari un evento visto al telegiornale o, perché no, una storia raccontatami da piccolo. Fatti non eccezionali in sé, ma che in qualche modo sono in grado di attrarre la mia fantasia.
A quel punto entra in gioco la capacità dell’arte di tramutare qualcosa di ordinario in straordinario, anche allontanandosi da una rappresentazione fedele, diciamo così, dei fatti, per aumentarne la carica espressiva”.
A proposito di simbolismo, in una sua opera si può vedere in particolare un escavatore a margine di un campo di battaglia.
Cosa significa? “La tela è uno spazio bianco reale, ma allo stesso tempo inesistente. Questo mi dà la possibilità di creare un mondo realistico, anche veritiero e riconoscibile, ma nella sostanza irreale”.
Oggi si ha la sensazione che l’arte venga sacrificata al messaggio che vuole trasmettere. È d’accordo? “Sì, in un certo senso è così. Spesso l’idea alla base di un’opera appare più importante dell’opera stessa.
Negli ultimi anni c’è stato un distacco tra il messaggio ed il suo veicolo, come se quest’ultimo fosse un semplice dettaglio. Credo invece che le due cose siano imprescindibili, anche per una forma di riconoscenza – intesa come identificazione – nei confronti di chi negli anni ha acquisito una certa padronanza tecnica. Faccio però un distinguo molto importante: alcuni soggetti sono per me miti, nel vero senso della parola, altri simboli.
Il simbolo può essere positivo o negativo e sta alla sensibilità di ognuno dargli un significato che ovviamente sarà diverso da persona a persona. La mitologia invece è un qualcosa di acquisito che va oltre il giudizio. Rappresenta in un certo senso un punto d’arrivo, l’aspirazione a volersi elevare” conclude Mauro Massari.
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di Gianbattista Bonazzoli
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