Il potere terapeutico della pittura e la Sicilia come stimolo costante per nuove forme creative
nell’immagine: “L’ultimo Natale”, olio su tela, 180×300 cm, 2001.
Fulvio Di Piazza è nato a Siracusa nel 1969. Nel 1993 si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Urbino. Attualmente vive e lavora a Palermo.
Ho visto per la prima volta i tuoi lavori alla galleria di Giovanni Bonelli e la prima domanda che mi sono fatto è: che bambino è stato questo artista per dipingere opere di tal genere?
“Quando vidi per la prima volta Odissea nello spazio avevo circa otto anni: non è che ne capii esattamente il senso, ma non importava perché la potenza di quelle immagini mi scombussolò e, anche riviste oggi, non hanno perso una briciola di quella potenza. Gli stimoli visivi, in età infantile, li scegli, mentre in età adolescenziale ti vengono imposti come elementi di cui non puoi fare assolutamente a meno.
L’immaginazione è un’arma potentissima: è appunto la capacità di pensare al passato e al futuro formulando ipotesi alternative a ciò che la società definisce a priori. Si può approfondire questa esigenza di porre insieme caos e ordine… La realtà che mi circonda mi confonde, a volte sento di non avere i mezzi per poterla decodificare. Il vivere mi disorienta e da questo deriva l’esigenza di mettere le cose al giusto posto.
La pittura in tal senso ha un forte potere terapeutico perché consente di fare ordine e di governare il caos”.
In Sicilia, regione da cui tu provieni e dove vivi, negli ultimi anni si sono formati molti pittori figurativi che si esprimono con una certa specificità di approccio al mezzo pittorico.
Pensi che la condizione decentrata della tua isola ti abbia in qualche modo danneggiato, non avendo contatti diretti con Roma, Milano, Bologna?
“La Sicilia è un territorio pieno di contrasti forti e quindi di stimoli. In un certo senso è il posto ideale dove fare l’artista. Nulla è mai veramente definito, non c’è struttura e di conseguenza è più semplice muoversi sul terreno dell’immaginazione. Tutto quello che ti circonda qui diventa un pozzo di idee da cui attingere.
L’ironia di questo luogo, che è al contempo paesaggisticamente straordinario e architettonicamente devastato, è un motore potente dell’immaginazione.
Ho sempre paragonato questo luogo a una spiaggia, dove la marea porta i resti di una civiltà tecnologicamente avanzata; a riva l’uomo può raccogliere questi pezzi e cercare di riassemblarli, ma il risultato è diverso dall’originale: è un oggetto nuovo, assurdo ma nuovo.”
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di Gianbattista Bonazzoli
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